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settembre 2020

IL PUBBLICO DEI MUSEI DURANTE IL LOCKDOWN. Abbonati musei e consumi digitali durante l’emergenza Covid-19 - report

luglio Torino 2020 (presentazione dello studio)

IL PUBBLICO DEI MUSEI DURANTE IL LOCKDOWN. Abbonati musei e consumi digitali durante l’emergenza Covid-19
Luglio 2020

Gruppo di ricerca

Osservatorio Culturale del Piemonte:
Luca Dal Pozzolo
Maria Giangrande
Elisa Toso
Simone Seregni
Lucia Zanetta

Dipartimento di Architettura e Design (DAD), Politecnico di Torino:
Cristina Coscia
Irene Rubino


Il punto
Luca Dal Pozzolo, Direttore Osservatorio Culturale del Piemonte

Un quadro più chiaro degli impatti di lungo periodo che il lockdown ha prodotto e produrrà neidiversi ambiti sarà probabilmente ricostruibile solo con il tempo, con la messa in prospettiva di fatti ed eventi che appaiono troppo schiacciati sul quotidiano per poter essere valutati con un minimo di distacco. E poi c’è il tema dell’incertezza: l’altalena di minacce di nuove chiusure e di speranze per una qualche ritrovata forma di serenità quotidiana impedisce di leggere il passato prossimo univocamente; non sappiamo ancora se il lockdown dovremo considerarlo come un evento isolato ed eccezionale o se, come i terremoti, porta con sé uno sciame sismico capace di minare la nostra residua confidenza nel futuro.
Tuttavia alcuni effetti macroscopici sono ormai acclarati, come il rovesciamento dell’attività di musei e beni culturali sul WEB. Il lockdown, silenziando totalmente la voce degli istituti culturali, ha reso evidente il rischio di scomparire agli occhi degli utenti e convinto anche i più restii operatori culturali a riaffermare la propria esistenza e la propria attività sul WEB: alcuni tabù paiono caduti, si è rafforzata per alcuni la convinzione che produrre contenuti per il WEB sia uno dei modi centrali con cui si compie la propria missione, altri hanno cominciato a considerare questo aspetto per la prima volta, altri ancora hanno percepito con chiarezza che c’è un pubblico potenzialmente interessato che non sarà presente nelle sale museali, né ora né mai, per questioni di opportunità, distanza, scelte e disponibilità dei musei stessi, ma che può invece usufruire di contenuti in rete e, magari, contribuire anche alla sostenibilità economica dei musei.
Tutto ciò dal lato dell’offerta; ma cosa succede alla domanda? Come il COVID modifica le antropologie di comportamento e fruizione dei luoghi della cultura? Perché le restrizioni, i contingentamenti e i distanziamenti, sociali o fisici che dir si voglia, colpiscono in modo prioritario e profondo tutti i luoghi della socialità, gli stessi luoghi dove di fatto si svolgono le attività
culturali: musei, teatri, cinema, piazze, luoghi urbani.
Capire che impatti tutto ciò avrà sul comportamento degli utenti è fondamentale per le strategie future di musei e beni culturali: anche qualora i contingentamenti divenissero meno costrittivi, vi sarà un freno alla frequenza dato dalle paure dei visitatori, dai timori verso rischi di assembramento? E se invece la dimensione del pubblico nelle sale dovesse continuare ad
essere così severamente ridotta, come trovare le risorse mancanti dagli incassi di bigliettazione? Il digitale può aiutare in questa direzione?
È importante cominciare a ragionare fuori dalle retoriche e dalle impressioni di superficie; i problemi sono molti, compresa la scarsa dimestichezza digitale degli Italiani e una infrastruttura di rete ancora fortemente lacunosa.
Il lockdown ci ha reso tutti digitali? Anche qui occorre prudenza: la fascia di esclusi dall’accesso alla rete per diversi motivi è rilevante e si aggira attorno a un terzo della popolazione. Se per la scuola tutto ciò riveste caratteri di drammaticità, poiché non ci vuole molto a inferire che le fasce di esclusione coincidano con zone e nuclei famigliari disagiati, ovvero proprio la fascia di popolazione dove l’educazione scolastica riveste caratteri di urgenza indifferibili, anche per i musei e le istituzioni culturali conquistare un pubblico a distanza non appare un’impresa così facile, stante le abilità digitali che consentono di usare prodotti digitali di un minimo di complessità.
Indubbiamente il lockdown ha imposto a un gran numero di persone un balzo in avanti nell’uso degli strumenti digitali, ma non si dimentichi che la gran parte di noi, di fatto, è stata spinta ad abbandonare pigrizie e riserve mentali e ad adeguarsi a usare strumenti, piattaforme e app già disponibili perlopiù da una decina di anni. D’altro canto, molti hanno imparato che esistono
alternative al vedersi, all’incontrarsi e che alcune cose sono anche più efficienti in rete. Un curioso contrappasso rispetto alle tesi di solo qualche decennio fa, ispirate dalle analisi di McLuhan, quando sembrava che il rapporto fisico vis à vis fosse ormai un fossile sociale, completamente surrogato e sostituito dalla comunicazione a distanza e dalla smaterializzazione della comunicazione, dalla nuova residenza nel cyberspazio. Proprio il lockdown ci ha ricordato quanto siamo dipendenti dalla contiguità fisica, dalla socialità in presenza e dalle forme di comunicazione analogica, e come, invece, sia in ritardo il futuro che con tanta sicurezza avevamo previsto.
Molti temi importanti si affastellano e, necessariamente, dovremo farci i conti nel prossimo futuro. La ricerca che qui si propone si staglia contro questo scenario, anche se tiene in considerazione solo alcune piccole porzioni di queste problematiche, non per innata modestia, ma per scelta metodologica di esplorazione sistematica di specifici target, tentando di non dare nulla per scontato, proprio perché è completamente nuovo lo scenario. E anche quando i risultati sembrano banali, largamente prevedibili o scontati, si tenga presente che è il loro senso che muta nel nuovo scenario caratterizzato da così grandi incertezze.
Il target di Abbonati ai musei che esploriamo qui non è generalizzabile all’universo della popolazione: è il nucleo di appassionati e di utenti fidelizzati, la punta dell’iceberg, l’élite dell’utenza, i visitatori più motivati, informati e assidui. Se tutto ciò condanna ad assumere una necessaria parzialità non generalizzabile, è però di grande interesse valutare gli atteggiamenti e le propensioni di coloro che rappresentano gli utenti per eccellenza: la loro disponibilità a pagare per prodotti culturali on line è questione strategica per il futuro; i timori e le perplessità al ritorno alla fruizione fisica delle sale dei musei è un indicatore importante, perché proviene proprio da coloro che sono tra i più motivati a tornare al museo.
Si tratta di un inizio di esplorazione che già ci mostra tendenze e atteggiamenti di cui dovremo tener conto, ma, soprattutto, ci stimola a proseguire a studiare i comportamenti di fruizione anche di altri target, perché il paesaggio della cultura e dei suoi utenti si sta ridisegnando sotto i nostri occhi, abituati da lungo tempo ad averne un visione ormai stereotipata. Per mettere a
fuoco questo nuovo paesaggio dovremo costruirci nuovi occhiali, poco per volta, e senza fidarci troppo di quel che valeva fino a pochi mesi fa. Corre il rischio di essere un’altra epoca.